Alla scoperta delle Cantine Lucà – Territorialità e dinamismo, la ricetta di Santino Lucà per traghettare nel futuro la Calabria dei vini del mito

Una caldissima mattina di metà agosto può non sembrare la scelta ideale per visitare una cantina in una delle regioni del Sud Italia, specie se l’azzurro sfavillante del Mar Ionio ti accompagna durante il viaggio e ti tenta con la promessa di un incontro refrigerante. Ma se ad aspettarti ci sono nettari la cui origine si perde indietro nel tempo là dove i contorni tra storia e mito sono labili e sfocati allora si può resistere alle tentazioni balneari per cedere alla seduzione di Dioniso.

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La destinazione del viaggio è Bianco, cuore della denominazione Greco di Bianco, l’unico passito Doc della Calabria, e sede delle Cantine Lucà. Si tratta di un’azienda a conduzione familiare, che produce anche olio, agrumi e cereali. Siamo nel cuore della Locride, quel pezzo di costa ionica della provincia di Reggio Calabria che prende il nome di Riviera dei gelsomini e che circa 3000 anni fa fu oggetto della colonizzazione di Achei e Locresi. A poca distanza da Bianco infatti sorgono le vestigia dell’antica polis magnogreca di Locri Epizefiri.

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Grappolo di Greco bianco di Bianco

La superficie vitata è di 15Ha, con rese medie che oscillano tra i 40 e i 60 quintali per ettaro, ed è tutta concentrata sull’allevamento di vitigni autoctoni, con una ovvia predilezione per le varietà a bacca bianca dalle quali vengono prodotte tre delle quattro etichette della cantina: Greco Bianco (nei due biotipi di Bianco e Guardavalle) e Mantonico Bianco. Ovviamente sono presenti anche uve a bacca nera come Magliocco e Nerello Calabrese.

Nelle aree collinari delle contrade Pirarelle e Marasà, dove sorgono i vigneti, il calore del sole, mitigato dalla brezza serale del mar Ionio, la luminosità delle lunghe giornate assolate concentrano aromi e dolcezza in uve che regalano vini dal grande profilo territoriale. Territoriale è una parola che sta molto a cuore a Santino Lucà, il dominus dell’azienda, al punto da averne fatto un capo saldo della sua filosofia produttiva.

Essere territoriale – mi spiega Santino mentre passeggiamo tra i filari di greco bianco esposti a sud-sud-est e dai quali si scorge il mare – significa soprattutto essere originali, non riproducibili. Il prodotto territoriale ha una valenza che va ben oltre quella commerciale. Ma essere legati a storia e territorio non deve per forza significare essere immobili o insensibili ai cambiamenti del tempo ed agli sviluppi delle società“. Ed proprio questo approccio differente che lo ha spinto a tentare più volte in passato di convincere gli altri produttori di Greco di Bianco verso la costruzione di una rete che desse a tutti la forza necessaria per promuovere i propri prodotti e il territorio. Purtroppo il protagonismo e la miopia di alcuni hanno fatto naufragare più volte il progetto di creare sinergia e comunione di intenti orientati verso la promozione e la valorizzazione di un territorio e dei suoi straordinari prodotti.

Al termine della passeggiata in vigna, dopo aver assaggiato i dolcissimi acini di greco bianco ormai già maturi e praticamente prossimi ad essere vendemmiati abbiamo visitato la piccola e funzionale cantina dove, Vittorio Corasaniti, che si occupa degli aspetti legati alla promozione attraverso i social della gestione di degustazioni e tour con i clienti, ci ha fatto trovare una tavola imbandita di diversi prodotti tipici locali per accompagnare la degustazione delle etichette prodotte dall’azienda, tra cui spiccano vini celebrati già oltre duemila anni fa, quando i locresi “rinvigoriti dal dolce vino greco” affrontavano nella battaglia del fiume Sagra, sconfiggendole, le soverchianti forze di Kroton e dei suoi alleati e i sacerdoti di Locri Epizefiri per ispirare profezie e divinazioni bevevano coppe di mantonico.

Marasà Bianco, Locride IGT 2014 – Ottenuto da Mantonico Bianco (70%) e Guardavalle (30%). L’ultima annata prodotta, la 2014, ha subito una insolita rifermentazione in bottiglia durante la primavera, che ha trasformato in anidride carbonica le ultime tracce di residuo zuccherino presenti. Stappata la bottiglia bastano pochi minuti a dissolvere l’effervescenza indesiderata e ottenere un vino di grande fascino e interesse. Veste dorata. Naso di frutta gialla matura, frutta secca e fiori di campo in un quadro di lieve ossidazione. Freschezza e sapidità tengono a freno, assieme all’accennata effervescenza iniziale, la dolcezza degli ultimi scampoli di residuo zuccherino sopravvissuto. Vino unico e affascinante, difficilmente classificabile. E dire che Santino non era nemmeno convinto di farcelo assaggiare.

Marasà Rosso, Locride IGT 2014 – Magliocco e Nerello Calabrese per un campione di territorialità in cui potenza ed eleganza sono in sostanziale equilibrio. Rubino cupo con riflessi granata. Naso di frutti rossi maturi, macchia mediterranea, tabacco e un finale boisè. In bocca è asciutto, tannino avvertibile ma ben addomesticato dall’uso del rovere francese di terzo passaggio. Strutturato e morbido, con una buona sapidità. Pecca un po’ in freschezza.

Mantonico Passito, Locride IGT 2013 – Il suo nome (dal greco “mantonikos”, profetico) lascia intuire una bevuta impegnativa e riflessiva e il bicchiere non delude. Colore ambra scuro con riflessi ramati. Naso intenso che chiede qualche secondo per esprimere tutta la sua ampiezza con sentori di caramella d’orzo, di miele di castagno, di agrume candito, di fichi secchi, datteri e ancora note eteree di cera d’api che sfumano in un finale di mandorle amare. In bocca è caldo e morbido, dotato di grandissima freschezza e di buona sapidità. Finale piacevolmente amaricante sospeso tra l’arancia amara e il miele di castagno.

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Santino Lucà

Greco di Bianco DOC 2013 – Si tratta del prodotto di punta della cantina. Proprio come con il Mantonico Passito, le uve di Greco bianco di Bianco (in realtà più che appartenere alla famiglia del greco quest’uva sembrerebbe imparentata con le malvasie) vengono raccolte nel mese di settembre e poi poste su graticci al sole per una settimana. Le uve vengono vinificate solo quando è stata raggiunta la giusta concentrazione di aromi e zuccheri. Matura 12 mesi in acciaio e successivamente 15 mesi in botti di castagno.  Nel bicchiere appare di una veste ambrata con bellissimi riflessi di oro antico. E’ un vino intenso e incredibilmente ampio con sentori di albicocca disidratata, uva passa, miele di castagno, scorza d’arancia candita, e poi ancora mandorle e fichi secchi, fiori gialli e una nota iodata, quasi marina. Anche se meno sapido e fresco di altre annate, si tratta di un vino di grande personalità che sorprende ad ogni sorso grazie ad una dolcezza solo piacevole e mai pesante.

Durante l’assaggio dei prodotti e delle quattro etichette la chiacchierata con Santino è proseguita su come stia evolvendo il mondo del vino in Calabria verso profili di eccellenza in zone dove i produttori riescono a fare rete tra loro, come a Cirò.  L’orizzonte verso cui muoversi è quello della qualità coniugata con la territorialità. Questa esigenza ha portato Santino e Vittorio ad avviare tutta una serie di iniziative commerciali, di promozione territoriale, di accoglienza, di divulgazione, che sono ormai diventate parte fondamentale della loro attività. In attesa di riuscire a convincere gli altri produttori della zona della bontà della sua scelta, Santino ha deciso di incamminarsi da solo verso quella direzione.

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